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Il M° Wang in zhan zhuang |
Wang Xiang Zhai, maestro di Xing yi
quan, poi fondatore di un metodo basato sia sul suo stile di
provenienza sia sull'esperienza marziale accumulata vagando per la
Cina del primo Novecento, spiega il suo metodo a due giornali di
Pechino. Dapprima analizza gli stili tradizionali, giudicati ormai
inefficaci e privi di sostanza. Sfida i maestri dell'epoca a
misurarsi con le sue teorie e sostiene di essere impegnato per il
ritorno del wushu all'antica purezza: “Sono ormai vecchio e non
mi interessa la ricerca della fama o del guadagno personale. Quello
che veramente mi interessa è cercare con i miei compatrioti di
ritrovare la moralità e la naturalezza istintuale delle arti
marziali prima di diventare troppo vecchio, in modo da
contrastare
coloro che fanno del male agli altri e a se stessi con i cattivi
insegnamenti”, è la premessa alle interviste di cui, ora,
proponiamo gli ultimi estratti.
Il metodo dell'Yi quan
Dopo aver seguito Wang nella
demolizione degli stili contemporanei, vediamo cosa propone il
maestro in luogo di forme e tecniche prestabilite. Il suo metodo,
come noto, si basa su pochi principi e nessuna tecnica preordinata.
“La salute e l’ autodifesa sono
elementi imprescindibili e
inseparabili l'uno dall’altro (…). In
primo luogo si deve assolutamente allenare e fortificare lo spirito,
il temperamento e l’istinto naturale, solamente dopo
potremo
affrontare il problema dell’allenamento dei nervi, degli arti e del
tronco durante i vari movimenti. Il primo gradino nell’allenamento
e nello studio è l’esercizio dei nervi (...).
Successivamente si apprenderà la prova e la verifica della forza
(shili) e della voce (shisheng). Il terzo livello
riguarda
l’autodifesa”. Questa, in sintesi, la didattica del
Dachengquan per bocca del suo fondatore. Entriamo più nel dettaglio,
seguendo sempre il maestro Wang.
La pratica di base. “Nella
vita di oggigiorno, per ottenere risultati dall’allenamento si
pratica sempre: mentre si cammina, si sta in
posizione eretta o
reclinata. Tutto parte dal corretto apprendimento del metodo del palo
eretto (zhan zhuang). Correggere in modo
adeguato la postura di
tutto il corpo nel suo insieme, rimanere in posizione eretta senza
pensieri, rinforza i nervi nell’immobilità, regola
la
respirazione, riscalda e nutre la muscolatura, lascia che naturale
sia l’attivazione cellulare. La forza viene dall’interno e si
trasmette
all’esterno naturalmente in tutto il corpo nel suo
insieme. Per questo un praticante non allena volontariamente ossa
e muscoli in quanto
si allenano da soli, il nostro compito
è l’osservazione e la percezione di tutti quei
movimenti scarsamente percettibili che naturalmente si
attivano nel
nostro corpo. (…) Chi vuole realmente ottenere dei
risultati stupefacenti nell’ arte della boxe deve innanzitutto
dedicarsi alla pratica
del palo eretto (zhan zhuang, ndr)”.
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Tipica posa di zhan zhuang |
Le prove. “Le prove di
forza (shili ndt) sono indispensabili nella pratica e facendole si
imparano correttamente le fondamenta del movimento
(...).
Provando la forza si realizza e si comprende come usarla.
In primo luogo si deve rende
uniforme la forza in tutto il corpo, i muscoli devono essere agili, e
le ossa in grado di sostenere l’
architettura del corpo; solo in
questo modo si può passare alla contrazione, allungamento,
rilassamento e tensione sempre
assecondando il naturale movimento
del corpo nel suo insieme. La forza proviene dall’interno e viene
emessa all’esterno.
Nel movimento la lentezza è
migliore della velocità (per apprendere, aggiunge il
traduttore); e sempre si deve rimanere rilassati, non
impazienti, il
movimento deve essere “sottile” e lo spirito
forte e focalizzato. (…) Si deve partire dalla
precisa percezione se la forza del corpo nel suo insieme e
“omni-pervadente” oppure no, allo
stesso tempo si
deve capire se si è in grado di reagire “all’atmosfera” che
cambia oppure no; si deve percepire se si è in grado di
emettere la
forza in ogni punto e in qualsiasi momento verso ogni direzione
sempre impedendo alla mente di rompersi e allo spirito di
disperdersi. Sempre si deve essere ingrado di emettere la forza in
modo duro o soffice; quando una parte del corpo si muove tutto il
corpo la segue. La forza è consistente e si risolve nel pieno e nel
vuoto, nel duro e nel soffice (…). Le sei direzioni
su e giù, avanti e indietro, destra e sinistra non devono essere
mai
ignorate. In conclusione ciò che non conduce a comfort,
felicità, ottenimento della forza non merita di essere chiamato
boxe”.
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Combattimento Yi quan |
Il combattimento. “Si deve
comprendere che il piccolo movimento è migliore del grande
movimento, e che
il piccolo movimento e peggiore dell’immobilità;
solamente l’immobilità rappresenta il movimento continuo e senza
fine”. I termini, come si vede, sono quelli soliti, propri
degli stili interni e ricordano da vicino i principi del Taijiquan.
“Il vero movimento risiede
nell’immobilità, è muoversi
senza far percepire che ci si sta muovendo”, sostiene Wang.
Assai noti – e tradizionali – anche
i principi seguenti. Per esempio, quando sostiene che “il
cervello deve condurre il movimento e le piccole e grandi
articolazioni con i rispettivi legamenti estendersi e contrarsi
mutuamente, il fulcro deve essere solido come l’acciaio ed essere
in grado di avere la forza di torsione e di esplosione nelle
direzioni opposte, il movimento ruota attorno al centro e lo muove in
modo bilanciato ed
equilibrato; la potenza esplode in un tutt’uno
con il respiro. Se tutto questo può essere controllato a piacere le
basi del combattimento
non sono difficili da comprendere”.
Il metodo per arrivare a questi
risultati è quello descritto sopra: “La pratica incessante
rende naturale e non difficile la sua realizzazione. (…)
Fondamentale è la comprensione dei vari tipi di forza e il loro
controllo da parte del corpo e della mente. (…)
Avere forza senza ricorrere alla
tensione unilaterale rappresenta avere la forza, ma non usarla; allo
stesso tempo quanto si usa,
involontariamente la si accumula. Questa
è la vera e devastante forza istintiva”.
Il metodo scientifico
A differenza della maggior parte degli
stili oggi conosciuti, il Dachengquan nasce attorno al 1930, quando
il metodo scientifico occidentale era già ben sviluppato e stava
rivoluzionando il mondo con le sue scoperte. Wang non può ignorarlo
ed ecco dunque che il suo pugilato cerca di conciliare i principi
tradizionali con le scoperte della medicina e della fisica
occidentali: “La scienza aiuta infinitamente la
comprensione
dei principi del combattimento, ma allo stesso modo il combattimento
non può essere limitato solo a questo. (…) In conclusione si
dovrebbe, grazie alle conoscenze e alle condizioni di oggigiorno,
aggiungere un atteggiamento
scientifico allo spirito della scienza
del combattimento”.
Ecco quindi come affronta uno dei sacri
crismi del kung fu: il Dan tien, ovvero il punto di accumulo
dell'energia vitale: “Nell' addome ci sono gli intestini, lo
stomaco, e il fegato, non c'è alcun "luogo" in cui
depositare il qi. Per
quanto riguarda gli effetti della forza sono
tutte risultanti della matrice del controllo delle forze opposte,
della forza esplosiva, e delle forze
dell'universo (intese come
gravità e inerzia, ndr). Tutto ciò non ha assolutamente nulla a che
vedere con quello che le
persone chiamano il qi del qi gong.
(…) Per poter essere completamente libero di agire e di raccogliere
la
forza, la mente e il corpo devono essere profondamente "liberi",
il praticante deve sentirsi comodo e naturale: questo è
ragionevole”.
O. R.
3 - Continua
(nell'ultima parte, analisi del metodo Yi quan)
(nell'ultima parte, analisi del metodo Yi quan)
Che personaggio...
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